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    Associazione Sviluppo Turistico Valbisenzio

    Si propone, come scopo, la promozione sotto ogni forma dello sviluppo culturale, turistico, sociale, naturalistico e sportivo dilettantistico del territorio della Val Bisenzio.

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    Un ringraziamento speciale a chi ha collaborato per foto, testi e suggerimenti:

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    La fauna dell'Appennino Pratese è assai variegata: una ricchezza unica in biodiversità contraddistingue l'area valbisentina grazie ad un precoce abbandono da parte dell'uomo delle attività agricole della montagna. Nel corso di tutto il 1900 il sistema della mezzadria si svuotò di addetti, che andarono a confluire in altri settori lavorativi considerati più moderni e redditizi rispetto alla vita nei campi. Vivere di quello che dona la terra in Val di Bisenzio è sempre stato duro: un territorio aspro per le sue altitudini, reso coltivabile solo grazie ad impegnativi terrazzamenti, con poca acqua sul fronte est, dove il substrato carsico della Calvana regala una scarsa irrigazione se non in periodo di piogge, e poi il sistema della mezzadria, che costringeva i contadini a donare gran parte del raccolto al fattore e al signore proprietario del fondo. Le grandi fabbriche del fondovalle (alcune divenute città fabbrica, come la Forti a La Briglia, dove arrivarono all'inizio del secolo scorso addetti anche da lontano, perché la manodopera valbisentina non bastava), la costruzione della ferrovia Direttissima che fu costruita nei primi decenni del 1900 per collegare Firenze e il Centro Italia con Bologna e il Nord, poi la Grande Guerra rubarono numeri importanti all'agricoltura, col bosco che ricominciò ad occupare vaste superfici ad esso in precedenza negate.

    Il colpo di grazia al sistema agricolo locale arrivò con la Seconda Guerra Mondiale: la Linea Gotica, che passava proprio nell'Alta Valle, e la ferrovia, collegamento strategico da interrompere, furono gli elementi catalizzatori che fecero sì che l'alta Val di Bisenzio uscisse devastata dall'ultimo conflitto mondiale.

    Molti sfollati tornarono al proprio paese senza più trovare una casa; la ricostruzione richiese molto tempo e a poco valsero i tentativi di riportare lavoro in queste zone da parte della Forestale piantumando boschi di conifere al posto dei pascoli e degli alberi che erano stati tolti per le linee difensive, prima, e per la ricostruzione, dopo: una volta completato il lavoro, ancora senza casa o in sistemazioni di emergenza, pastori e agricoltori dell'Alta Valle scesero verso i capoluoghi di Vaiano, Vernio e Prato per diventare operai tessili.

    Questa lunga premessa per spiegare come mai in Val di Bisenzio il bosco ha rioccupato prima che in altre zone dell'Appennino vasti territori.

    Col ritorno del bosco sono tornati anche i suoi abitanti, assai precocemente rispetto ad altre aree dove l'agricoltura e la pastorizia tutt'oggi persistono.

    Dal "nulla" documentato nei primi decenni del 1900, quando la caccia e la pesca per la sussistenza in queste zone erano le principali fonti di proteine in pasti assai frugali (restavano pochi ungulati solo nelle riserve di caccia dei grandi signori dell'epoca), in qualche decennio la Val di Bisenzio ha recuperato dei record per quel che riguarda la biodiversità.

    Fatta eccezione per le Foreste Casentinesi, dove la selvaticità dei luoghi ha preservato specie estinte altrove, è la val di Bisenzio ad aver ottenuto alcuni primati per quel che riguarda la ripopolazione faunistica in tutto l'arco dell'Appennino centro Settentrionale.

    Per quel che riguarda il lupo, i primi esemplari sono stati documentati dall'associazione CSDL/Canislupus Italia nel primo decennio del 2000, grazie allo sviluppo in quegli anni di un nuovo strumento per la ricerca naturalistica, la fototrappola. In realtà la presenza del lupo sul nostro Appennino è documentata nel pistoiese negli anni '80 nel secolo scorso, si può supporre quindi che qualche esemplare fosse già anche nel territorio pratese, visti i tanti chilometri che i lupi riescono a fare ogni giorno. Ricordiamo, per chiarezza, che la popolazione del Canis lupus italicus si era notevolmente ridotta, con pochi branchi residui nel centro e sud Italia. Dopo le leggi nazionali e internazionali che ne hanno definito lo status di specie protetta la popolazione rimasta, dopo secoli di persecuzioni da parte dell'uomo, ha cominciato a crescere e a spostarsi alla ricerca di nuovi territori, sulla scia delle prede di elezione che nel frattempo erano tornate ad abitare anche l'Appennino Tosco Emiliano.

    Se il lupo è tornato da solo, non è stato così per gli ungulati: caprioli, cinghiali e cervi sono stati reintrodotti in diverse occasioni a partire dagli anni '50 del secolo scorso. Per quel che riguarda caprioli e cervi, le immissioni di pochi esemplari sono avvenute nell'area attigua a quella che oggi è la Riserva Naturale Acquerino Cantagallo, cioè nelle foreste Demaniali Pistoiesi e in particolare nelle foresta di Acquerino (Pistoia) mentre per i cinghiali molte reintroduzioni sono state frutto dell'opera dei cacciatori locali.

    Per gli altri ungulati che popolano i boschi valbisentini, ci sono state, in passato, documentazioni riguardanti il daino, tutt'ora assente dal territorio: gli esemplari documentati da fototrappole nel decennio passato erano presumibilmente attribuibili ad escursioni dalla vicina Riserva Statale dell'Acquerino (PT) e qualche "risalita" dalla zona di Galceti dove i daini sono stati ospiti per molti anni del Centro di Scienze Naturali, nel Comune di Prato.

    Per restare sui mammiferi, sono molti i mustelidi "fototrappolati" in Val di Bisenzio: dalla martora alla faina, dalla puzzola al tasso.

    Presente, fra i roditori, con buoni numeri, l'istrice.

    Per finire la lista dei mammiferi degni di nota, quello che rappresenta il fiore all'occhiello della biodiversità animale locale: il gatto selvatico, documentato (per la prima volta in tutto l'arco appenninico fra l'Emilia e la Toscana) nel 2017 nella Riserva Naturale Acquerino Cantagallo.

    Nonostante i pochi studi sull'argomento, sembra siano almeno 4 le popolazioni presenti nell'area (3 sul versante ovest, una sul lato Calvana).

    Anche l'avifauna presenta una varietà incredibile di specie: segnaliamo soltanto la presanza, documentata, del raro picchio nero e qualche passaggio dell'aquila reale, che non nidifica in zona ma effettua trasvolate dalle aree vicine dove invece è residente.

    Per gli animali di acqua dolce ricordiamo la presenza dello scazzone (Cottus gobio) e della trota fario.

    Una nota a parte meritano gli anfibi, vera ricchezza di gran parte del territorio. Nei torrenti e nei vari "depositi" d'acqua, sia sul lato est che sul lato ovest della Vallata è possibile trovarne di diverse specie: dalle varie salamandre (è frequente incontrare la giallo/nera salamandra pezzata durante le giornate umide nei pressi dei torrenti della Riserva o la pittoresca salamandrina con gli occhiali o il coloratissimo tritone alpestre) al geotritone, al raro ululone, principe delle aree protette.

    I rettili sono quelli comuni nelle zone appenniniche, con differenziazioni in base alle quote di altitudine.





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