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    Associazione Sviluppo Turistico Valbisenzio

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  • La Briglia- Mausoleo di Malaparte

    Il percorso proposto è un itinerario che collega la zona industriale del centro abitato de La Briglia con la tomba, immersa nella natura, dello scrittore pratese Curzio Malaparte, nome d’arte di Kurt Erich Suckert (Prato, 9 giugno 1898 – Roma, 19 luglio 1957). Tale percorso è un viaggio nel tempo, viste le tracce dell’evoluzione industriale nella Valle del Bisenzio, il contrasto coi campi, coltivati nel corso dei secoli dai contadini di più civiltà, e la notevole presenza di Malaparte, personaggio della prima metà del secolo scorso che ha partecipato attivamente nei due conflitti mondiali e nella politica italiana.

    Chiesa di San Miniato, centro de La Briglia[1]

    Il nome “La Briglia” deriva dalla posizione in cui si trovavano la pescaia, i mulini e le gualchiere del ‘200 sul fiume Bisenzio sotto l’abitato d’origine romana di Fabio. Nei pressi del fiume, nel 1735, si sviluppa l’industria cartiera dalla produzione e dal commercio floridi, favoriti anche dall’uso della nevralgica “Via Lombarda”, ovvero l’attuale Via Val di Bisenzio, collegamento del bacino idrografico padano con quello dell’Arno (i traffici partivano dal Granducato di Toscana e terminavano nel resto d’Europa e in Russia). La tradizione industriale continua nel XIX° secolo e nel 1845 la società anglo-italiana dei fratelli Alfred e Orace Hall, Joseph Sloane e Igino Coppi, possessori di una miniera di rame a Montecatini (Pistoia), acquistano l’ex cartiera, trasformandola in una fonderia. Nel 1863, vista la necessità di ampliare gli stabilimenti, in contemporanea ai lavori, viene costruita la Chiesa di San Miniato sul nucleo preesistente dell’Oratorio di S. Francesco (1737), seguendo i canoni dell’arte neogotica. Nel 1882 l’intero stabilimento viene acquistato dall’ebreo Beniamino Forti che cambia la produzione da fonderia a lanificio (sfruttando l’energia idrica grazie alla presenza del Bisenzio) e la famiglia Forti ne sarà proprietaria fino all’emanazione delle leggi razziali (1931). Con il dopoguerra lo stabilimento viene venduto a lotti e la Diocesi di Prato acquista nel 1950 il terreno in cui sorge l’edificio ecclesiastico. Nel 1989 viene progettato il campanile dall’ingegnere Riccardo Razzi, costruito in cemento armato, dalla forma del tutto particolare: raffigura le mani cinte del fedele in preghiera. La vita lavorativa delle zone circostanti al centro (Serilli, Popigliano, Camino, Isola) nel corso della storia si è sempre basata sulle risorse agricole (ulivi, vigne, alberi da frutto, tra cui alcuni autoctoni come il melo savignanino e il pero campana) e dal XVIII° secolo in poi ha assunto un ruolo importante anche l’industria (cartiere, lanifici e manodopera per la costruzione della Direttissima Firenze-Bologna negli anni ’20 del ‘900).[2]

    Iniziando il percorso, lasciamo alle spalle il centro cittadino. Entrando subito in Via 3 marzo 1943 è possibile vedere le vecchie botteghe adibite ad uso civico, la meravigliosa ciminiera tronco-piramidale in mattoni rossi e la Torre dell’Orologio, in cui, sulla sommità, è posto il segnavento a forma di cavallo imbizzarrito. Questi due edifici sono i simboli, insieme alla chiesa, de La Briglia. Al termine della Via 3 marzo 1943 raggiungiamo Via 25 aprile, sede dei vecchi dormitori degli operai, per salire degli scaloni che ci condurranno alle strisce pedonali sulla Strada Statale 325. Attraversata la Statale, imbocchiamo la salita di fronte a noi e continuiamo finché non troviamo la strada sterrata. Svoltando a sinistra, in direzione sud, percorrendo il perimetro del paese e, iniziando ad inoltrarci nel bosco, raggiungiamo 3 vecchi rifugi anti-aerei risalenti al secondo conflitto mondiale: piccole grotte scavate “a mano” e con soffitti in cemento, profonde al massimo 5/6 m, in stato critico e pericolanti.[3]

    Uno dei rifugi antiaerei

    Dirigendosi sempre verso sud, poi anche verso nord per la frazione di Popigliano, iniziamo a vedere i primi campi adibiti alla coltura dell’ulivo e della vite, albero e pianta presenti in Vallata già in epoca etrusca, utilizzati per il consumo interno alla comunità quanto come ottima e valorosa risorsa di scambio commerciale (Fenici, Celti del Nord Italia, Greci, Popoli Italici). La salita continua fino al piccolo centro di Serilli e il percorso si identifica con la Via omonima, strada caratterizzata da due tornanti lievemente ripidi. La vegetazione, spesso animata da un’allegra fauna (daini, lepri, volpi, nocciolaie/ghiandaie, cinghiali), è copiosa e rilassante (ci sono cipressi, faggi, querce, ginestre e pruni fino al termine del percorso). #

    Chiesa di San Miniato a Popigliano[4]

    Piccola curiosità: esiste una chiesa, molto più antica, nel vicino centro di Popigliano, che è intitolata sempre a San Miniato (1179 #). Percorriamo la strada che collega La Briglia con l’antico abitato di Schignano per 600 m. finché non si presenta un bivio, con a destra la strada asfaltata che prosegue verso nord e la strada sterrata, a sinistra, che procede verso sud. Per raggiungere il Mausoleo Malaparte è necessario continuare sulla strada sterrata, via principale durante i lavori di ricostruzione degli edifici nel secondo dopoguerra, vista la presenza di giacimenti di pietra (sono visibili due grandi spiazzi sulla destra del percorso). I fitti pruneti ai lati del sentiero fanno, ormai, da scudo ai rifiuti di vario tipo scaricati in queste petriere a cielo aperto (ci sono copertoni, scarti tessili delle industrie, fiori di plastica, sacchetti, fazzoletti, bottiglie, elettrodomestici), ma fanno anche da sostegno ad un tipo di pianta chiamata Vitalba, molto presente nella zona boschiva, spesso anche in città: essa è commestibile e veniva usata nella cucina contadina per essere integrata nelle frittate oppure con altri ortaggi. Il sentiero continua in pianura ed è rilassante, in quanto lontano da zone trafficate e rumorose come quelle cittadine, e ci congiungiamo al sentiero CAI 10. Il tutto è accompagnato da una segnaletica danneggiata dagli agenti atmosferici e dagli atti vandalici dell’uomo, vista l’ingombrante presenza di cartucce di fucile, cartelli con scritte sbiadite o cancellate e cestini raccoglirifiuti sradicati. Le cartucce, accompagnate da molte impronte, indicano, oltre al poco rispetto per l'ambiente, la presenza di cinghiali e cervi che vivono nella zona montana. Il sentiero, con la confluenza al CAI 10, è completamente immerso nella natura: gli alberi sovrastano il percorso fino alla vetta del Monte le Coste e quei piccoli posti in cui gli alberi lasciano spazio alla bassa vegetazione (erba, cespugli e pruni) consentono di ammirare un paesaggio vasto: verso nord è possibile scorgere i centri abitati di Galceti, Migliana (ovest e nord-ovest), Vaiano, Il Fabbro, Usella (nord), Sofignano, Savignano, Faltugnano, Fabio (nord-est ed est), i monti degli Appennini (che sovrastano Vernio da ovest ad est) e della Calvana (da nord-ovest a sud-ovest: Aia Padre, Poggio Mandrioni, Monte Maggiore, Monte Cagnani, Poggio Castellaro, Monte Cantagrilli, Poggio Cocolla, La Retaia, Poggio Camerella e Poggio Pianerottolo). Vicino al termine della passeggiata il Monte Le Coste cambia aspetto: da boschivo a prateria, con presenza di sassi e pietre che rendono brullo il terreno, ma in determinati punti, insieme alle radici, formano dei gradini nel sentiero. Arrivati in cima, dà subito nell’occhio la tomba, accompagnata da un’asta con tanto di Tricolore, dello scrittore pratese. Il Mausoleo, di forme sobrie, moderne, completamente costruito in pietra locale, è un ottimo posto per rilassarsi, riflettere, pasteggiare e godersi il paesaggio che si estende in tutta la pianura pratese (con il Montalbano pratese a sud) e pistoiese (con Pistoia inclusa). Sulla parete monumentale della tomba, posta sul lato nord, sono riportate due frasi, estratte da uno dei saggi più famosi di Malaparte, “Maledetti toscani”: "...e vorrei avere la tomba lassù, in vetta allo Spazzavento, per sollevare il capo ogni tanto e sputare nella fredda gora del tramontano" (questa frase esprime le ultime volontà dell’autore di farsi tumulare in cima al monte, conosciuto dai pratesi anche col nome di Spazzavento) e “Io son di Prato, m'accontento d'esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo”.[5]

    Particolare del Mausoleo

    Paesaggio della piana pratese con il Montalbano

    Immagini della Calvana dallo “Spazzavento”

    Paesaggio dei monti a nord della Val di Bisenzio dal Monte Le Coste

    Il dislivello è di 391 metri. Ecco l’elenco ripreso dall’applicazione ViewRanger:

    • Piazza della Chiesa di San Miniato – 129 m;
    • Via 3 Marzo 1943 – 129 m;
    • Statale Val di Bisenzio – 134 m;
    • Strada sterrata perimetrale – 148 m;
    • Rifugi anti-aerei – 150 m;
    • Serilli de La Briglia – 220 m;
    • 1° tornante di Via di Serilli – 309 m;
    • 2° tornante di Via di Serilli – 332 m;
    • Bivio della strada Schignano – Malaparte (Via della Collina a Cerreto) – 380 m;
    • 1° pietraia – 377 m;
    • 2° pietraia – 386 m;
    • Intersezione col CAI 10 – 389 m;
    • Monte Le Coste – 530 m (dislivello: 401 m);
    • Mausoleo Curzio Malaparte – 520 m.

    La prima petraia

    La passeggiata è di difficoltà facile, rilassante. La durata è di 1 ora a passo sostenuto, 1,20 ore a passo moderato. La segnaletica e i cestini hanno bisogno di una regolare manutenzione; le condizioni della strada sono buone, sia a La Briglia che in montagna. Il sentiero CAI 10 conduce, proseguendo verso sud, a Prato; verso nord conduce al Poggio alle croci e al Passo degli Acquiputoli, tra i Comuni di Montale (PT) e Cantagallo (PO).

    Curzio Malaparte, o Kurt Erich Suckert, è una figura del tutto particolare. Scrittore, saggista, regista, poeta, politico, soldato. Amico – nemico del “Vate” Gabriele D’Annunzio, giovane combattente nella prima guerra mondiale in Francia, nella Legione garibaldina prima e nella Legione Straniera poi, e sul fronte italiano. In questi combattimenti verrà segnato a vita da un attacco tedesco con gas iprite che lo intossicherà e danneggerà in grande misura i suoi polmoni, condizione che lo porterà alla morte nel 1957. Prima anarchico, poi repubblicano, infine diventerà fascista (“della prima ora”), considerandosi “fascista di sinistra”, in quanto credeva nella rivoluzione mussoliniana per riscattare il popolo dalle condizioni di necessità in cui si trovava, riluttante all’antisemitismo, stringe amicizie con grandi personalità del Partito Fascista Italiano (come Galeazzo Ciano).

    Mausoleo con particolari

    Collabora con gli Alleati dopo l’8 settembre 1943 e dal 1944 si iscrive al Partito Comunista Italiano. Viene accusato di opportunismo, di blasfemia e d’essere macabro dalla critica letteraria e cattolica (dalla critica di “La pelle” - 1949). La descrizione fornita dalla voce enciclopedica della Treccani aiuta a comprendere, in grandi linee, la carriera culturale dello scrittore:

    “La sua attività letteraria, accanto a "ragionamenti" politico-letterari (L'Europa vivente, 1923; Italia barbara, 1925; Intelligenza di Lenin, 1930; Technique du coup d'état, 1931, ecc.) o di costume (Maledetti toscani, 1956), comprende "cantate" (L'Arcitaliano, 1928) e racconti epico-popolareschi (Avventure di un capitano di sventura, 1927), ispirati a quel mito di "Strapaese" che egli stesso - dopo essere passato per il "novecentismo" europeizzante di M. Bontempelli - aveva contribuito a creare; e accanto a prose di un idillismo evocativo e magico (tra le sue più felici: Donna come me, 1940), altre di un realismo (Kaputt, 1944) o di un cinismo (La pelle, 1950) spinti all'estremo, e tuttavia mescolati a una sensuale malinconia. Scrisse anche per il teatro e diresse un film, Il Cristo proibito (1950). Postume sono uscite parecchie raccolte di suoi scritti, per lo più già apparsi in giornali, da Io, in Russia e in Cina (1958), a cura di G. Vigorelli, a Mamma marcia (1959), Benedetti italiani (1961), Diario di uno straniero a Parigi (1966), Battibecco, 1953-1957 (1967), a cura di E. Falqui; del 2009 è la pubblicazione in traduzione italiana del saggio scritto in francese nel 1949 Coppi e Bartali.”

    Curzio Malaparte[6]



    [1] Dal sito Wikipedia.

    [2] “Sentieri dell’Appenino Pratese: guida breve” del Club Alpino Italiano – sezione “Emilio Bertini”, a cura di Athos Mazzoni e Carlo Paoletti, Cassa di Risparmio e depositi di Prato, 1985, pagg. 150-1; dal sito web beweb.chiesacattolica.it.

    [3] Il riconoscimento è stato possibile grazie alla testimonianza di Sanzio Petroni, ex abitante del posto trasferito a Prato, e di suo nipote, Alessandro.

    [4] Dal sito web beweb.chiesacattolica.it.

    [5] “Maledetti toscani”, 1956, edizione Adelphi (2017), Curzio Malaparte, pagg. 83, 94.

    [6] Dal sito web biografieonline.it.

    Tutte le foto senza la nota specificante la provenienza e l’appartenenza dell’autore/proprietario sono state scattate da: Camilla Caciagli, Mara Taddei, Alessandro Petroni, Elia Taddei. L’intero lavoro è stato redatto da Elia Taddei, letto e controllato da: Camilla Caciagli, Massimo Innocenti, Alessandro Petroni.

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