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    Associazione Sviluppo Turistico Valbisenzio

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  • La farina di castagne della Val di Bisenzio


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    La coltivazione del castagno come albero da frutto in Val di Bisenzio si è diffusa grazie ai Longobardi, prima dell’anno 1000. Territorio in gran parte montuoso dove le coltivazioni estensive di cereali sono sempre state difficoltose proprio per le aspre pendenze, la castagna è alla base della nutrizione delle popolazioni locali da tempo immemore: la castagna (e la sua farina) è stata pane e companatico per secoli.
    Castagne e farina dolce sono stati cucinati da sempre in modo semplice: le castagne bollite (nel latte, in acqua) o cotte sulla brace (le “bruciate”) e la farina di castagne mescolata con acqua per i necci (cotti nelle piastre o su foglie di castagno, accompagnati da ricotta) o per le frittelle, con acqua, olio, pinoli, uvetta e rosmarino per il castagnaccio oppure utilizzata per una polenta (localmente “pulenda” o “pulendina) che accompagnava costolette di maiale o una semplice frittata di cipolle o, come tradizione vuole, con baccalà e aringhe (la “Festa della pulendina”, a Vernio, da quasi 5 secoli ricorda la distribuzione di un pasto simile avvenuto nel 1512 con una donazione dei Conti Bardi ai cittadini affamati). Nessuna descrizione della foto disponibile.
    Attualmente, grazie all’inventiva di pasticcerie, forni e chef locali, castagne e farina dolce hanno fatto il loro ingresso in ricette innovative, per piatti e prodotti sia dolci che salati.
    La farina di castagne è prodotta ancora oggi con la stessa metodologia utilizzata nel corso dei secoli, ovvero con l’essiccazione nelle cannicciaie e la macinatura a pietra.
    Rimasta invariata anche la tipologia di castagne, dal momento che vengono prodotte sempre dalle stesse piante appartenute agli avi (anche gli innesti su piante nuove avvengono utilizzando marze raccolte in castagneto).

    Le castagne- delle varietà storicamente diffuse in Val di Bisenzio ovvero Caralese, Morbida, Carrarese, Pastinese, Brandigliana, Rossola, Molana e Salvana – vengono raccolte manualmente fra ottobre e novembre e vengono portate ad essiccare alle numerose “cannicciaie” posizionate nei castagneti o dentro i borghi: si tratta di strutture spesso secolari, patrimonio storico e testimonianza della vita rurale che si conduceva in Val di Bisenzio.

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    La cannicciaia, spesso in pietra, è una struttura a due piani che ha un solaio fatto di travi in legno, dove, prima dell’essiccazione vengono disposti i “cannicci” dove poi saranno adagiate le castagne da essiccare. I frutti riposano dai 30 ai 40 giorni sulle graticce, dove il fumo caldo che proviene dalla brace rigorosamente di legno di castagno e “pula” (pulitura delle castagne) le asciuga, fino a farle diventare opache e finché la buccia non si stacca dalla polpa. Le castagne vengono rigirate affinché l’essiccazione risulti omogenea. Dopodiché, avviene la “pestatura”, che tradizionalmente avveniva manualmente mentre adesso viene effettuata con macchinari meccanici che aiutano a separare la buccia dalla polpa. Le castagne secche vengono così portate a macinare in tradizionali mulini (alcuni ad energia elettrica, altri ancora azionati dalla forza idraulica, ma con macine in pietra).


    Alcune curiosità.

    • Camminando sui sentieri della Val di Bisenzio capita spesso di imbattersi in vecchi edifici ridotti a rudere. Si tratta in molti casi di cannicciaie, ovvero essiccatoi, ce n'era almeno una in ogni castagneto e se il castagneto era molto grande la cannicciaia era doppia. Si distinguono dagli altri edifici (di solito ripari per i pastori) perché sono spesso appoggiate con una parete ad un pendio, in modo che dalla finestrina sul retro si potesse agevolmente arrivare per depositare le castagne. Al loro interno, se il loro stato di conservazione non è pessimo, potrete notare le grandi travi su cui venivano appoggiati i graticci. Le cannicciaie non sono soltanto nei boschi: molti paesi conservano ancora cannicciaie fra le case (era più comodo vigilare il fuoco che doveva restare sempre acceso, per un mese) e in alcuni luoghi (a Migliana ad esempio) sono rimaste attive e in autunno il fumo che si sprigiona dai loro tetti attraversa vie e vicoli, porta la fantasia del visitatore a fare una sorta di viaggio indietro nel tempo.Le cannicciaie sono state per secoli luogo di socializzazione: la famiglia e i paesani si ritrovavano tutti insieme a fare la "veglia", attorno alle braci sempre accese per non lasciar solo chi avrebbe dovuto sorvegliare il fuoco. Sulle braci si improvvisavano umili grigliate e d'intorno si raccontavano storie, vere o inventate, di paura o divertenti, e quelli che erano i "gossip" del momento.
    • La farina di castagne della Val di Bisenzio è perlopiù adatta anche ai celiaci e agli intolleranti al glutine in quanto la stragrande percentuale dei mulini non macina grano e quindi non avviene contaminazione.
    • La farina di castagne della Val di Bisenzio è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT).

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